In genere si crede che gli atleti, avendo sviluppato una potente ed elastica struttura muscolare, siano più protetti dai traumi indiretti a carico del loro corpo. Questa idea nasce dalla convinzione che, di per sé, l’attività sportiva sia salutare per l’organismo. Eppure gli atleti spesso si procurano danni fisici anche seri incontrando una zolla d’erba, durante il riscaldamento, ecc… In realtà le patologie che interessano le articolazioni e la colonna vertebrale sono più precoci negli sportivi.
Tale affermazione può meravigliare, ma bisogna tenere presente che ossa, articolazioni, legamenti e muscoli degli atleti sono spesso portati ai limiti delle loro possibilità fisiche. Per tale motivo, vengono sottoposti a preparazioni particolari e personalizzate ma, a quanto pare, spesso con scarsi risultati in quanto tali preparazioni non sono generalmente calibrate sulla struttura complessiva del soggetto, ma solo su determinate caratteristiche generali come ad esempio la tipologia muscolare dell’atleta. Ciò che è evidente è, pertanto, la frequenza di infortuni da traumi indiretti che si verificano in tutti gli sport.
Da quanto detto parrebbe più “sano” starsene a casa in pantofole piuttosto che rischiare le proprie articolazioni, i muscoli, ecc… su di una pista di atletica, su di un campo di calcio, sui campi del golf, ecc., ma, per fortuna non è così, purché si tenga presente che chi pratica un’attività sportiva deve necessariamente possedere non solo un buon tono muscolare ma anche un buon equilibrio posturale. Infatti, per un atleta è sicuramente importante possedere una grande potenza: ma ancor più importante è la percentuale di questo potenziale che egli è in grado di esprimere nelle varie situazioni di gara.
Troppo spesso si dimentica che la qualità del movimento di tutto il corpo (anche in fase aerea), l’economia e la sicurezza dei gesti motori nelle azioni sportive dei grandi atleti o nella vita quotidiana di ogni persona nascono dal controllo dell’appoggio dell’arto inferiore che dipende dall’efficienza e dall’integrazione dei segnali provenienti dai sistemi informativi afferenti (propriocettivo, visivo e vestibolare). La forza esprimibile, rispetto al potenziale a disposizione, dipende dalla stabilità delle catene cinetiche coinvolte e nei movimenti antigravitari come il salto, dalla stabilità posturale e quindi prevalentemente dall’azione dei muscoli stabilizzatori e direzionali dell’arto inferiore. Queste considerazioni sono valide sia nella semplice propulsione del passo, sia nell’esecuzione di gesti tecnico-atletici di alto livello come i salti, la corsa, l’entrata in acqua attraverso il tuffo, la virata.
Un raffinato controllo posturale dinamico è il prerequisito fondamentale per un efficace esecuzione di tutti i movimenti in condizioni antigravitarie (e per gestire le situazioni di disequilibrio), siano essi i semplici gesti della vita quotidiana o le performance sportive di alto contenuto agonistico. Fino ad ora l’evoluzione dell’allenamento si è principalmente basata sull’aumento delle ore e dei carichi di allenamento, spesso con un conseguente aumento del rischio di lesioni e di patologie da sovraccarico funzionale. E’ possibile invece invertire questa tendenza con un aumento delle prestazioni associato ad una riduzione e contemporanea ottimizzazione dei carichi di lavoro.
Conclusioni
In questo escursus sona stati passati in rassegna gli sport più diffusi sul territorio nazionale e abbiamo visto che ogni disciplina sportiva iperprogramma alcuni gruppi muscolari. Naturalmente queste iperprogrammazioni si sommano al quadro posturale presportivo dell’atleta dando così origine ad un schema posturale sempre diverso e rendendo pertanto la riabilitazione posturale strettamente soggettiva. E’ opportuno altresì ricordare che in molti casi, infatti, è capitato di incontrare delle difficoltà di gestione del paziente derivanti dal fatto che l’alterazione dello schema posturale determina, nel corso degli anni ed in funzione del carico allenante, adattamenti muscoloconnettivali e scheletrici molto forti con i quali l’atleta è costretto a convivere e sui quali modifica ed adatta la tecnica di esecuzione del gesto sportivo. Normalizzando la funzione recettoriale, si corre il rischio di modificare tali schemi motori con il pericolo di creare un deterioramento della prestazione sportiva.e’ evidente, quindi, quanto l’intervento medico debba essere improntato alla massima prudenza ed il modo di agire poco “aggressivo”. Si potrebbe continuare all’infinito parlando di molti altri sport popolari come la corsa, il canottaggio, le discipline marziali, il tiro con l’arco, il golf, l’equitazione, l’atletica leggera (che di leggero non ha niente…). Naturalmente questo non deve far concludere che lo sport fa male ma bisogna cominciare dall’inizio, cominciare col corpo e non con lo sport. Prima di praticare uno sport bisogna acquisire un’intelligenza muscolare, sensoria, respiratoria e servirsene tutti i giorni, non solo durante la pratica dello sport. Invece di limitarsi ai classici gesti sportivi stereotipati, invece di addestrare il corpo al movimento, bisogna lasciare al corpo e al cervello la possibilità di prendere coscienza del movimento e di inventare i movimenti più appropriati. Allora si scoprirà un atteggiamento spontaneo per ogni sport, atteggiamento che conserveremo non solo per tutta la durata della pratica sportiva ma per tutta la vita, senza rischio di infortuni e di deformazioni posturali. Prima di praticare uno sport, la presa di coscienza del corpo diventa obbligatoriamente un lavoro preliminare. Come il pittore prepara la tela, il ceramista la creta, noi dobbiamo preparare il corpo prima di servircene, prima di aspettarci da esso risultati soddisfacenti e, periodicamente, occorre lavorare sul corpo per deprogrammare le catene muscolari e renderlo così funzionalmente libero di esprimersi in tutti i suoi movimenti.